ITALO ARIETI E LE RICETTE DELLA TRADIZIONE 

arieti

Le ricette della tradizione, quando si parla di Viterbo – e della Tuscia nel suo complesso – risentono dell’influenza gastronomica  romana, umbra e toscana.  Le preparazioni e le antiche abitudini alimentari, a più forte valenza identitaria,  sono rimaste ben custodite nei ricettari famigliari o accennati tra carte d’archivio, almeno fino agli anni ’70 quando Italo Arieti decise di dare forma scritta e organizzata all’ampio materiale orale e familiare  di ricette della Tuscia. Pediatra e uomo politico, era appassionato di cucina, di cultura gastronomica e studioso di nutrizione, ed è stato Delegato Onorario e presidente dell’Accademia Italiana della Cucina.

Come presidente dell’Ente Turismo, Italo Arieti,  aveva capito  la necessità di colmare un vuoto e dare identità alla cucina del nostro territorio. Nel 1973 diede vita, con grande lungimiranza,  alla rivista “Tuscia” in cui compariva una rubrica, curata in prima persona, dedicata alla gastronomia locale. In quelle pagine prendeva consistenza quella che poi diventerà “Tuscia a Tavola”. La professione medica lo aveva portato ad approfondire i temi dell’alimentazione soprattutto legati al mondo dell’infanzia e gli aveva offerto l’occasione per entrare nei ricettari privati delle mamme e delle nonne da cui si faceva consegnare i segreti culinari tramandati da generazioni. Attraverso quei sapori, supportato dalla ricerca archivistica e libraria, Italo Arieti, ha delineato il profilo del nostro territorio, i lasciti delle feste popolari, le tradizioni contadine, i prodotti tipici. Ci ha lasciato la mappa di un viaggio di scoperta della nostra identità e una bussola per orientare il futuro mostrando una vocazione agricola radicata su cui investire.  

‘mbriachelle (Ciambelline al vino)

Sono queste le classiche ciambelline, chiamate “’mbriachelle”, che le nonne conservavano nei grandi barattoli di vetro o nelle scatole di latta, per offrirle ai nipotini quando andavano a far loro visita.

“Straccaganasse”

Questi pasticcini erano particolarmente duri, per cui a Viterbo era stato loro assegnato questo coloratissimo nome, che sta appunto a significare che per masticarli occorre compiere uno sforzo tale da “straccare” i denti molari.

Acquacotta con le “erbarelle” alla viterbese

Il termine “erbarelle” viene usato a Viterbo per indicare un insieme di verdure selvatiche le più varie, in genere quelle più coriacee, poco adatte ad essere mangiate crude nella “misticanza”

Budellucci e Viarelli

Con il termine di budellucci o budelluzzi si identifica genericamente un prodotto derivato dalla lavorazione dall’intestino del maiale, comprendente sia il piccolo che il grosso intestino.

Castagnole viterbesi

In molti paesi della Tuscia le castagnole vengono chiamate anche struffoli, termine secondo noi ambiguo poiché oggi con questa parola si intendono dei dolci

Coppa di testa della Tuscia

Questo insaccato ricavato dalla testa del maiale, da noi è ancora oggi conosciuto con il termine semplice di “coppa”.

Fettuccine con le rigaglie

Questo piatto ha rappresentato in passato il primo piatto tradizionale del pranzo di Pasqua, e del giorno di Ferragosto, ma successivamente, in tempi migliori, era considerato il primo piatto tradizionale del pranzo della domenica

Giubba e Calzoni Zuppa con l'agnello

Questo piatto tipico dell'Alto Lazio, zona tradizionalmente dedita alla pastorizia. Riprende il nome di "giubba e calzoni" per l'evidente completezza dei suoi componenti e rappresenta pertanto il prototipo del piatto unìco ricco e sostanzioso

Il Sanguinaccio

Quando si ammazzava il maiale con lo scannamento, (taglio della carotide), il sangue che sgorgava dal collo veniva raccolto con due metodi diversi: con quello più diffuso si cercava di ottenere, per mezzo dello sbattimento rapido il sangue non coagulato

La Padellata

La padellata era il piatto che nel passato celebrava la fine delle operazioni casalinghe di lavorazione del maiale. Nelle famiglie benestanti era riservata alla servitù, che aveva effettuato questi lavori

La Pignattaccia

La pignattaccia è un piatto caratteristico della città di Viterbo, un tempo fatto con i tagli meno pregiati del bovino, e quindi meno costosi, insieme con alcune parti del “quinto quarto”, come la coda, la testa e la trippa, quelle parti cioè che arricchiscono il sugo di quella sostanza gelatinosa

La Porchetta

Con questo termine intendiamo riferirci al maialino intero, sventrato, privato delle interiora, attualmente anche disossato, infilzato in un palo per essere trasportato agevolmente, e cotto al forno

La Susianella

Con questo nome, in uso esclusivamente nella città di Viterbo, si identifica una specie di salamella di fegato, a forma di U, che attualmente viene ancora preparata in forma tradizionale in qualche laboratorio artigiano di norcineria.

Le carote di Viterbo

"Che specialità di cibi avete a Viterbo?", aveva ricevuto sempre la stessa risposta: le carote. Se oggi rivolgessimo la stessa domanda a cento viterbesi, forse appena uno ci risponderebbe alla stessa maniera...

Maccheroni con le noci

I maccheroni con le noci rappresentano il piatto più caratteristico della tradizionale natalizia della Tuscia. Nel passato venivano consumati come primo piatto e in alcuni paesi

Mazzafegate

Le salsicce nere possono essere consumate anche freschissime, e in questo caso generalmente andrebbero cotte, ma possono essere gustate anche crude, spalmate sul pane

Minestra di ceci e castagne

Questa minestra, ormai abbandonata quasi del tutto, a Viterbo, nel suo circondario e anche a Bagnoregio, il giorno della Vigilia di Natale, rappresentava una delle varianti del primo piatto

Minestrone alla viterbese

L’uso del semolino, riportato in alcuni testi classici di gastronomia a proposito del “minestrone viterbese”, è in realtà divenuto rarissimo, essendo stato sostituito da molti anni con la pasta del commercio

Mortadella viterbese (Spianata romana)

Con il termine di “spianata romana” oggi si identifica un salume tipico del Lazio, preparato con carne di suino magra, scelta e macinata finemente, condita con sale e pepe e da ultimo pressata

Pancotto

Questo pancotto durante la cottura formava sulla superficie dell’acqua un sottile velo; per questo motivo é nato il detto che “il pancotto per essere buono deve fare sette veli”.

Pasta e fagioli alla viterbese

I fagioli freschi usati per questa minestra a Viterbo sono detti "gialloni", a Tuscania “baggianotti”. Questo termine deriva, per similitudine, da quello della fava fresca “bagiana” (faba baiana), così chiamata, secondo alcuni, perché originaria di Baia

Pasta straccia

Per il carattere ruvido della sfoglia, questa pasta prende il nome di “pasta pelosa”, a Ronciglione “strappatelle”, a Bagnaia “pasta lavata”, poiché dopo la cottura veniva eliminata una parte dell’acqua

Pizze di Pasqua

La brillante batteria dei vari tegami in rame, che rimanevano appesi per tutto l’anno in una parete della cucina, rappresentava un patrimonio che le figlie femmine portavano in dote

Ravioli dolci coi ceci (Ceciaroli)

Questi ravioli, che fanno parte dei dolci tradizionali natalizi del Cenone della Vigilia, con il nome di “ceciaroli”sono in uso soprattutto in alcuni paesi del comprensorio dei Cimini

Ravioli dolci di mamma Ilde

A questa ricetta sono legati i ricordi della mia infanzia, quando la mamma preparava grandi piatti di questi ravioli, vivacemente colorati di rosso per il bagno di Alchermes e dal profumo invitante

Salame cotto di Viterbo

Il salame cotto è anche questo un salume di antica tradizione viterbese, insaccato in un involucro naturale di origine suina (colon e sigma) o bovina, morbido al tatto, del peso intorno ad un chilogrammo

Spezzatino d’agnello a “bujone”

Il termine “a buione”, usato prevalentemente nel caso dell’agnello, lo ritroviamo anche a proposito del pollo e del coniglio;questo termine è diffuso quasi su tutto il nostro territorio

Spezzatino di coniglio in umido alla viterbese

Il suo uso è diffuso a Bagnaia, frazione del comune di Viterbo, conosciuta per la Villa Lante, fatta costruire nella metà del '500  dal Cardinale Gambara e utilizzata successivamente come soggiorno estivo da altri Cardinali

Tozzetti

Per questi biscotti tradizionali esistono un numero infinito di ricette, noi ne presentiamo soltanto alcune fra le più diffuse, classificandole per paese di provenienza. Le prime provengono dai tre maggiori centri di produzione di nocciole.

Trippa al sugo alla viterbese

Per quattro porzioni abbondanti, occorre 1 kg di trippa, che va messa a cuocere in una grossa pentola contenente acqua salata, insieme con una carota, una cipolla, qualche chiodo di garofano, due rametti di menta romana

Zuppa con le fave (Scafata)

Questa zuppa nel viterbese prende il nome di “scafata”, dal termine dialettale delle fave (“scafi”), mentre a Montefiascone viene chiamata “baggianata”

Zuppa con le lumache

Per questa zuppa si possono utilizzare indifferentemente sia le lumache grandi, usate anche per la preparazione in umido, nelle varietà sia di vigna che di bosco, oppure le cosiddette lumachelle

logo w
Il nostro scopo è mappare le eccellenze tipiche e tradizionali per valorizzare il territorio, mediante varie ed innovative forme di pubblicizzazioni.

Seguici sui social

Per restare sempre aggiornato sulle nostre iniziative

Contatti

info@viterbocittadelgusto.com
Privacy Policy