La Padellata

Se il numero dei commensali era elevato, si aggiungeva anche la coda e la trippa, che nel maiale è composta soltanto dallo stomaco. In una grossa padella di ferro, quelle dal lungo manico che si usavano un tempo nelle famiglie numerose, si facevano soffriggere alcuni spicchi di aglio insieme con le cotenne e altre parti grasse; quando il grasso si era in parte disciolto, si aggiungevano sale, peperoncino, fiori di finocchio, qualche rametto di rosmarino, e le altre parti del maiale che abbiamo detto sopra, che si lasciavano rosolare un poco, quindi si bagnavano con uno o due bicchieri di vino rosso asciutto, continuando la cottura a fuoco moderato e servendoli alla fine insieme con un contorno di broccoli cotti in padella (strascinati) con una parte del grasso del maiale, e affogati nel vino.

  • Curiosità

    La padellata era il piatto che nel passato celebrava la fine delle operazioni casalinghe di lavorazione del maiale. Nelle famiglie benestanti era riservata alla servitù, che aveva effettuato questi lavori, mentre nelle famiglie dei contadini era un’occasione per raccogliere intorno alla tavola tutta la famiglia, insieme con gli amici. Nella realtà, però, questa abbuffata aveva lo scopo di smaltire i residuati della rifinitura di alcuni insaccati (prosciutto, spalla, pancetta ecc), e quelle parti del maiale che non potevano essere utilizzate in altro modo, come le ghiandole salivari, (a Montefiascone chiamate “ciccia matta”), il pancreas (a Viterbo “dorciolo” e a Roma “torciolo”), la membrana precordiale (“paracore”).