E.V.O.

Nella Tomba dei Leopardi di Tarquinia danzatori e musici sono rappresentati tra alberelli di olivi carichi di frutti, rami di olivo diventano un intercalare tra le figure nella scena del banchetto, e si stagliano tra i leopardi che la sovrastano. Si tratta di una tomba Etrusca della prima metà del V sec. a.C. Il relitto della nave del Giglio, del 600 a.C. circa, ha portato alla luce anfore etrusche contenenti olive e nella cosiddetta “Tomba delle Olive” di Cerveteri, databile al 575-550 a.C., è stata trovata una sorta di caldaia piena di noccioli di olive. L’olivo, dunque,  era ben conosciuto dagli Etruschi per cui  era pianta sacra . Ne conoscevano i frutti e l’arte della trasformazione in olio, eleiva. Noccioli di oliva di Caninese, la più antica cultivar finora ritrovata, sono stati rinvenuti a Tarquinia nell’Acropoli dell’Ara della Regina. Agli Etruschi si deve la diffusione nella Tuscia dell’olivicoltura. Luoghi che naturalmente si prestavano ad ospitare questa pianta elegante, dalle sfumature argento che ingentiliva il paesaggio,  dove l’oleastro, la forma selvatica dell’olivo già cresceva spontanea... L’olio era utilizzato come alimento, come unguento, nella cosmesi e per alimentare lucerne. E per un popolo abile nel commercio come gli Etruschi era un interessante merce, trasportabile nelle anfore come il vino su tutto il Tirreno. 

Fu con Tarquinio Prisco che l’olivicoltura prese piede anche presso i  Romani, grandi consumatori di olio, soprattutto in cucina, come si può evincere dal ricettario di Apicio. Uno dei testi che ancora oggi offre delle indicazioni apprezzabili sull’olivicoltura è  la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Lo scrittore latino  sottolinea  l’importanza per questa coltura del suolo e dei fattori climatici, indica  il periodo di potatura e raccomanda di raccogliere le olive quando iniziano l’invaiatura ovvero quando cominciano a virare di colore. Avverte  inoltre di consumare l’olio entro un anno poiché il tempo ne danneggerebbe il sapore. L’olivicoltura nel viterbese come attestato negli statuti duecenteschi continua in una forma promiscua unita alla vite e affiancata dai seminativi. I registri e libri contabili del XIV sec. del convento viterbese della Santissima Trinità attestano la raccolta e scelta della olive per cui era destinata   la manodopera femminile. Da quegli stessi documenti sappiamo che  il trasporto delle olive al frantoio avveniva a dorso d’asino, usando come contenitori i «bigonçi»; l’olio veniva ricondotto

al celliere entro «brocche» e «iuncelle». I recipienti usati per il trasporto dell’olio potevano essere in legno o metallo, ma erano diffusi anche otri in pelle, solitamente caprina.Per la conservazione dell’olio è attestato l’uso di orci e ziri «de terra», ne vengono acquistati 21  nel marzo 1361 «pro tenendo oleum in roccha Viterbii».

Nel Quattrocento si registrò una grande espansione olivicola che potesse accontentare la domanda dei mercati cittadini e riuscisse a soddisfare la crescente richiesta del mercato romano.

L’olivo dunque ha albergato su queste terre da tempi antichissimi, alimentando l’economia locale e crescendo in qualità e ancora oggi costituisce uno dei fiori all’occhiello delle nostre produzioni.  

Nel comune di Viterbo è possibile produrre l’E.V.O.Tuscia D.O.P.

Tuscia D.O.P. 

Disciplinare

Art. 1.

Denominazione

La denominazione di origine protetta «Tuscia» e’ riservata all’olio extravergine di oliva che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal regolamento (CEE) n. 2081/92 ed indicati nel presente disciplinare di produzione.

Art. 2.

Zona di produzione

La zona di produzione e trasformazione delle olive della D.O.P. «Tuscia» comprende il territorio della provincia di Viterbo idoneo a conseguire le produzioni con le caratteristiche qualitative previste dal presente disciplinare.

Nel suo insieme la zona della D.O.P. «Tuscia» comprende i territori dei seguenti comuni:

Acquapendente, Bagnoregio, Barbarano Romano, Bassano in Teverina, Bassano Romano, Blera, Bolsena, Bomarzo, Calcata, Canepina, Capodimonte, Capranica, Caprarola, Carbognano, Castel S.Elia, Castiglione in Teverina, Celleno, Civita Castellana, Civitella d’Agliano, Corchiano, Fabrica di Roma, Faleria, Gallese, Gradoli, Graffignano, Grotte di Castro, Latera, Lubriano, Marta, Montalto di Castro (parte) Montefiascone, Monteromano, Nepi, Oriolo Romano, Orte, Piansano, Proceno, Ronciglione, S. Lorenzo Nuovo, Soriano nel Cimino, Sutri, Tarquinia, Tuscania (parte) Valentano, Vallerano, Vasanello, Vejano, Vetralla, Vignanello, Villa S. Giovanni in Tuscia, Viterbo, Vitorchiano

Art. 3.

Varieta’ di olivo

L’olio a D.O.P. «Tuscia» deve essere prodotto dalle olive delle varieta’ Frantoio, Caninese e Leccino, presenti per almeno il 90%, da sole o congiuntamente, nei singoli oliveti. E’ ammessa la presenza negli oliveti, in percentuale massima del 10%, di altre varieta’.

Art. 4.

Caratteristiche naturali dell’ambiente di coltivazione

Le condizioni pedoclimatiche e di coltura degli oliveti destinati alla produzione degli oli a D.O.P. «Tuscia» di cui all’art. 1, cosi’ come i sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura, devono essere quelle atte a conferire tradizionali caratteristiche qualitative.

Dal punto di vista geomorfologico, la zona si presenta con altimetrie diverse. L’origine vulcanica dei terreni genera una predominanza sull’intera zona delle piroclastiti rendendo cosi’ il suolo che ne deriva di elevata fertilita’. Nel complesso i terreni sono dotati di buona fertilita’ ed in particolare alcune caratteristiche del suolo quale la composizione granulometrica, la capacita’ di ritenzione idrica, le riserve minerali e la reazione, insieme ai fattori pedogenetici (clima, esposizione, altitudine, ecc.) confermano la vocazione coltura dell’olivo.

Il clima temperato con precipitazioni intorno ai 900 mm annui distribuiti prevalentemente nel periodo primaverile-autunnale fatta eccezione per l’area dei Colli Cimini caratterizzata da sensibili escursioni termiche e maggiori piovosita’.

Nella zona, l’olivo rappresenta una delle colture piu’ diffuse, con impianti specializzati aventi 150-300 piante ad ettaro, intensivi con oltre 300 piante ad ettaro e promiscui con fino a 100 piante ad ettaro.

Negli oliveti specializzati ed intensivi le forme di allevamento possono essere il vaso cespugliato, la forma Y, il monocono, il cono rovescio e qualunque altra forma adattabile all’olivo. Per gli oliveti promiscui, le forme di allevamento piu’ diffuse sono il vaso policonico ed il vaso libero. Le pratiche di potatura sono eseguite generalmente con cadenza annuale, mentre ad intervalli più lunghi si esegue la potatura di rinnovo. La concimazione dei terreni e’ di tipo minerale ed organica; sono raccomandati apporti annui di fertilizzanti che non superino le asportazioni al netto delle perdite e garantiscano il mantenimento della fertilita’ del terreno e la stabilita’ dell’ecosistema ad esso collegato.

La difesa fitosanitaria e’ eseguita nel rispetto dell’equilibrio dell’ecosistema, evitando gli interventi inutili e dannosi all’entomofauna utile ed attenendosi quindi alle indicazioni dei servizi di lotta guidata ed integrata operanti sul territorio.

Sono vietati trattamenti al terreno con prodotti diserbanti e disseccanti. Ulteriori pratiche agronomiche dovranno essere condotte in maniera razionale e tale da salvaguardare la qualita’ del prodotto.

Art. 6.

Raccolta e post-raccolta

Le olive devono essere disseccanti e prelevate direttamente dall’albero mediante la raccolta manuale o meccanica o quant’altro non danneggi il prodotto.

Il grado di maturazione delle olive alla raccolta non dovra’ eccedere lo stadio fenologico di invaiatura superficiale dell’epicarpo e comunque dovra’ protrarsi non oltre il 20 dicembre per le cultivars precoci (Leccino, Frantoio, Maurino, Pendolino, ecc.) e non oltre il 15 gennaio per le cultivars tardive (Caninese, Moraiolo, ecc.). E’ tassativamente vietato l’uso di prodotti cascolanti o di abscissione. La produzione massima di olive per ettaro non puo’ superare i kg 9.000 (novemila) negli oliveti specializzati ed intensivi mentre negli oliveti consociati e promiscui la produzione massima di olive per pianta non puo’ superare i kg 90 (novanta).

Il trasporto delle olive al frantoio dovra’ essere effettuato in recipienti idonei subito dopo la raccolta e comunque entro un giorno dalla stessa.

Le partite di olive pervenute al frantoio devono rispondere ai requisiti di maturazione, freschezza ed integrita’, pena il rigetto delle stesse. Le olive dovranno essere lavorate entro e non oltre un giorno dal conferimento al frantoio.

Art. 7.

Modalita’ di oleificazione

Le pratiche di oleificazione sono:

1) lavaggio con acqua potabile a temperatura ambiente, cernita e defogliazione;

2) molitura con frangitori idonei;

3) gramolatura a temperatura controllata non superiore a 30° C e per tempi inferiori ai 60 minuti;

4) estrazione fisica con impianti del tipo a pressione, a centrifugazione continua (con o senza aggiunta di acqua), a percolamento più pressione, a percolamento più centrifugazione:

nel caso di estrazione per pressione, i fiscoli devono essere puliti ad ogni riavvio del ciclo, le pressioni esercitate non devono essere superiori a 400 kg/cmq con unica estrazione e tempo massimo di due ore; nel caso di estrazione per centrifugazione con aggiunta di acqua, questa dovra’ essere potabile ed avere una temperatura tale da non aumentare la temperatura della pasta di olive all’entrata della centrifuga.

5) Centrifugazione del mosto oleoso: l’olio ed il mosto oleoso estratto dovranno essere immediatamente allontanati dai residui di acqua di vegetazione mediante separatori continui in acciaio inox. All’uscita degli impianti di estrazione. La temperatura dell’olio non dovrà superare i 28° C.

6) Purificazione dell’olio per filtrazione o altro mezzo di tipo fisico.

7) E’ vietato effettuare la doppia centrifugazione della pasta di olive senza interruzione, metodo di trasformazione noto come «ripasso». Le operazioni di oleificazione dovranno essere effettuate in oleifici situati entro i limiti della zona indicata dall’art. 2 e non

dovranno protrarsi oltre il 16 gennaio. La conservazione dell’olio dovra’ avvenire in recipienti di acciaio inox perfettamente puliti e senza tracce di detergenti.

La resa massima di olive in olio non può superare il 20%.

Art. 8.

Caratteristiche al consumo

L’olio di oliva extravergine a D.O.P. «Tuscia» all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

colore: verde smeraldo con riflessi dorati;
odore: fruttato che ricorda il frutto sano, fresco, raccolto al punto ottimale di maturazione;
sapore: di fruttato medio con equilibrato retrogusto di amaro e piccante;
acidita’ massima totale espressa in acido oleico, in peso, non eccedente grammi 0,5 per 100 gr di olio;
numero di perossidi: \leq a 12 meq 0/Kg2 di olio…

 

Produttori: